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..–.....BIBENDA 51 DUEMILAQUINDICI SUDAFRICA, IL VINO ARCOBALENO

“In un’ipotetica gara per il vigneto più bello del mondo il Sudafrica sarebbe sempre in finale”.
Queste le primissime parole di Hugh Johnson e Jancis Robinson nel descrivere il Paese
arcobaleno nel loro testo cult “Atlante Mondiale dei vini”. La bellezza delle vigne sudafricane
in realtà va ben al di là dell’aspetto puramente visivo, legato alle geometrie di colori, piante,
suoli e paesaggi. Il bello del Sudafrica è un concetto kantiano, dove la sola visione della natura
regala una soddisfazione universale, fatta di meraviglia ed estasi, in un’estetica da sublime
dinamico che nutre gli occhi e toglie il fiato. Pascoli, vigne, montagne ma anche un’umanità
tra le più varie del continente africano e una storia che è il simbolo universale della vittoria
della libertà sull’oppressione, sono i lineamenti di Paese che dalla metà degli anni Novanta
ha conquistato i cuori di tanti popoli del pianeta e segnato un cambiamento epocale nel
continente dove è nato e si è sviluppato l’homo sapiens.

Benché la produzione enologica risalga alla seconda metà del Seicento, al netto della notorietà
dei vini sudafricani durante il Diciannovesimo Secolo e della larga diffusione di questi nei
Dominions dell’impero Britannico, anche il vino sudafricano riuscirà definitivamente a
liberarsi solo dopo quel fatidico 27 aprile 1994, giorno delle prime elezioni libere e data,

UN PO’ DI STORIA

A differenza di molti altri Paesi, la nascita del vino sudafricano ha una data ben precisa, il 2 febbraio 1659. In questo giorno, sul
diario dell’esploratore e amministratore delle colonie olandesi, nonché fondatore di Città del Capo, Jan van Riebeeck si legge:
“Oggi, sia lodato il Signore, per la prima volta abbiamo fatto vino con le uve del Capo”. Nonostante queste prime vinificazioni,
l’impulso fondamentale alla diffusione della viticoltura fu merito del suo successore Simon van der Stel, governatore del Capo di
Buona Speranza che fondò nel 1685 Costantia, la più famosa cantina sudafricana che deliziò, alla fine del Settecento, molte corti
europee con i suoi vini da dessert. Il Vin de Constance, questo il nome di un nettare figlio di uve attaccate da muffa nobile, divenne
anche uno dei pochi conforti di Napoleone durante l’esilio di Sant’Elena (1815-1821).
Durante l’Ottocento, i vini sudafricani venivano esportati in Europa e nelle colonie inglesi, tanto che, nonostante la comparsa della
fillossera nel 1886, più di 80 milioni di viti, soprattutto Cinsault, furono reimpiantate creando un vero e proprio surplus di
produzione. La violenza della guerra anglo-boera, unita alla crisi economica del 1918 e al crollo dei prezzi del vino, spinse il governo
alla creazione della maxi cooperativa Koöperatieve Wijnbouwers Vereniging van Zuid-Afrika Bpkt (KWV) con l’obiettivo del
controllo della produzione per calmierare i prezzi del vino, ma ben presto divenne l’organismo di controllo totale dell’industria
vinicola, governando produzione, prezzi ed esportazioni. La centralizzazione della gestione della filiera, da una parte, e il boicottaggio
dei vini in risposta al sistema dell’apartheid, dall’altra, confinarono i prodotti sudafricani al mercato interno e ne bloccarono qualsiasi
spinta al rinnovamento. Tutto però era destinato a cambiare da quel fatidico 27 aprile 1994 e il resto è storia di oggi.

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