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LE UVE E IL PINOTAGE

Tante le uve utilizzate nella produzione enologica sudafricana e chiaramente di origine internazionale, se con
questo termine intendiamo la semplice genia delle varietà. La piattaforma ampelografica passa dal Moscato
di Alessandria al Syrah, localmente identificato all’australiana come Shiraz, coinvolgendo Chenin Blanc, storica
uva di punta della nazione, localmente chiamata Steen e oggi sempre meno coltivata (nel 1990 rappresentava
il 32% della superficie vitata mentre nel 2013 solo il 18%), Sauvignon, Chardonnay, Colombard, Riesling
(Rhine e Weisser), Cabernet Sauvignon, Merlot, Cinsault (localmente scritto Cinsaut e chiamato anche
Hermitage), Mourvèdre, Pinot Nero e molte altre. Ciò detto però, se dovessimo identificare un vitigno simbolo
del Sudafrica, questo sarebbe il Pinotage, una sorta di “autoctono” del Paese Arcobaleno. Il vitigno fu infatti
creato in Sudafrica, nel 1925, da Abraham Izak Perold, il primo professore di viticoltura presso la Stellenbosch
University. L’idea consisteva nell’unire le qualità di forza e resistenza dell’Hermitage (Cinsaut o Cinsault) con
l’eleganza del Pinot Nero, dando vita a una varietà vigorosa e qualitativa al contempo. Il nome del vitigno
comparve per la prima volta in etichetta nel 1961, quando la Stellenbosch Farmer Winery lo commercializzò
sotto il brand Lanzerac. Dagli anni Sessanta in poi l’uva conquistò tutte le regioni vinicole del Paese e oggi
rappresenta il 7% della superficie vitata, poco più della metà dello “spazio” occupato dal Cabernet Sauvignon
(12%), il vitigno a bacca rossa più diffuso.

WINE OF ORIGIN

In vigore dal 1973, Wine of Origin (Wo), ovvero Vino di Origine, è il sistema legislativo alla base della
produzione enoica del Sudafrica. Tale modello di classificazione delle aree vocate e di tutela dei vini in esse
prodotti prende spunto dalle Appellation d’Origine Contrôlée francesi e prevede una normativa ad ampio
spettro che legifera sui vitigni utilizzabili, le rese per ettaro, l’ammissibilità di irrigazione di sostegno, nonché
l’individuazione dei confini delle regioni vitivinicole del Paese. Il vino può così essere identificato quale prodotto
di qualità solo a seguito dell’esame di una commissione dedicata del Wine & Spirit Board, ossia l’organismo
che designa e governa i vini di qualità. In Sudafrica non è inoltre possibile aggiungere zucchero a vini e mosti
anche se è consentita l’acidificazione. A livello puramente territoriale i Wine of Origin, se prodotti nell’ambito
geografico di riferimento della Wo, possono riportare indicazioni delle unità geografiche, denominazioni di
grandi dimensioni come, ad esempio, Western Cape, delle regioni, come Coastal Region, dei distretti, come
Cape Point, e di circoscrizione (ward), la più piccola Wo possibile, come, sempre a titolo di esempio, Costantia.
Un sistema piramidale quindi, che permette l’identificazione di tutte quelle qualità locali di distinzione dei
prodotti, al di là dei vitigni utilizzati. Per quel che riguarda i vini spumanti, se prodotti con seconda fermentazione
in bottiglia, ovvero il nostro Metodo Classico, in etichetta riporteranno la menzione Méthode Cap Classique,
oltre alla Wo se prevista.

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